Innovazione

Il progetto si sviluppa a partire da due condizioni proprie dell’ambito territoriale della Provincia di Trieste: l’impatto sempre più residuale del settore primario sul Pil complessivo, la presenza di terreni inutilizzati e la frammentazione di un tessuto costituito da piccoli produttori locali; le condizioni crescenti di precarietà occupazionale e di disagio socio-assistenziale aggravato da uno spiccato trend di invecchiamento della popolazione.

L’obiettivo generale quindi è realizzare un modello di gestione del territorio rurale orientato a:

  • mettere in rete soggetti pubblici e privati e stimolare il rilancio economico della produzione tipica;
  • recuperare spazi rurali abbandonati e tradizioni legate alla cultura locale del coltivare e del fare paesaggio;
  • promuovere forme di produzione e consumo alimentare improntate alla sostenibilità sociale e ambientale;
  • promuovere la fruizione turistica sostenibile (slow tourism).

Nello specifico, il progetto è orientato da un approccio che, da un lato, assume il territorio come un laboratorio di sperimentazione di un diverso modello di sviluppo, dall’altro, immagina nuovi paesaggi a partire dalla loro utilità sociale.

Gli aspetti di innovazione attengono a:

1. Integrazione di diversi campi operativi (innovazione di processo)

La costruzione di sinergie tra agricoltura sociale e agricoltura locale permette di affrontare, in maniera integrata, diverse sfide. La prima è quella di innovare i modi con cui il sistema di welfare affidato al terzo settore fa i conti con differenti aspetti della vulnerabilità sociale: dall’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, alla costruzione di percorsi personalizzati per l’assistenza e la salute, all’integrazione tra popolazioni diverse (per età, lavoro, …). La seconda sfida è quella di delineare una visione di insieme che valorizzi forme di agricoltura multifunzionale, aperta ad attività turistiche, formative, didattico-culturali, terapeutiche, etc.

2. Cibo sano come attivatore di benessere sociale (innovazione di prodotto)

Le attività sviluppate vanno a incidere su specifici ambiti. Il primo riguarda il cibo come veicolo di cultura e salute, laddove gli obiettivi sono: favorire il ricorso a tecniche di coltivazione rispettose degli equilibri ecologici, basate sul recupero di saperi e di produzioni abbandonate; creare spazi e occasioni in cui, attraverso la proposta di ricette tradizionali, si promuova una corretta cultura alimentare. Un secondo campo riguarda il cibo come prodotto da commercializzare e distribuire, da cui discendono ulteriori finalità: creare un marchio che dia riconoscibilità alla filiera e al suo rapporto con il territorio e che funga da garanzia di un cibo etico e sano; sviluppare forme di packaging sostenibili e improntate al riutilizzo degli scarti di produzione e lavorazione e all’attivazione di opportunità di impiego per soggetti svantaggiati; individuare modalità di distribuzione diffusa, che garantiscano una migliore accessibilità ai prodotti da parte di cittadini vulnerabili (in primis anziani ed abitanti nei quartieri di edilizia pubblica), utilizzando come nodi i presidi socio-assistenziali del welfare pubblico già attivi. Il riferimento è, ad esempio, alle sedi delle Microaree nei quartieri di Trieste e Muggia.

3. Modello di governance (innovazione organizzativa)

La messa in rete di una pluralità di soggetti (del privato sociale, privati, pubblici) e risorse (spazi, competenze, economie, relazioni) mira ad aumentare l’impatto delle singole azioni prefigurate dal progetto. Il fine è la costruzione di una filiera corta, ma complessa, che copra attività di: produzione e professionalizzazione; stimolazione di una domanda di prodotti tipici a chilometro zero, anche attraverso l’organizzazione di iniziative educative; organizzazione di strumenti ed eventi di promozione (rivolti sia ai cittadini, sia ai turisti); distribuzione dei prodotti all’interno del territorio.

In sintesi, il progetto individua nell’allestimento di diversi spazi a usi agricoli lo strumento per produrre innovazione sociale, economica e culturale. Questi spazi possono infatti comporre una rete che agisce su due scale:

  • a un livello territoriale ampio, la rete formata dalle aree gestite da soggetti privati e del privato sociale costruisce un sistema integrato, che si fa “vetrina” anche in termini di promozione turistica di economie fino a oggi frammentarie e marginali;
  • a un livello urbano, gli spazi della rete si configurano come i nodi da cui irradiare la futura costruzione di un sistema più capillare di spazi di uso collettivo, servizi e relazioni sociali. Nel suo massimo sviluppo, la rete potrebbe infatti trovare nei quartieri di edilizia pubblica, dove ampia è la disponibilità di aree inutilizzate, ambiti per lo sviluppo di pratiche di coltivazione autogestita e orientata all’autosostentamento.